Il termine “sussidiarietà” deriva dal latino subsidium. Una prima formulazione del concetto si rintraccia nel pensiero aristotelico. Esso è stato successivamente approfondito da San Tommaso nei suoi studi sull’ idea di bene comune. La sua formulazione moderna, però, si trova nella Dottrina sociale della Chiesa cattolica, che se ne è servita per definire l’ordine dei rapporti fra Stato e società.
Il principio di sussidiarietà afferma che lo Stato di fronte alla società-singoli cittadini, famiglie, gruppi intermedi, associazioni e imprese- non debba fare di più ma neanche di meno, che offrire un aiuto all’autonomia di questi ambiti e sfere sociali. In questa accezione compare già al paragrafo 36 della Rerum Novarum di Leone XIII, e viene ribadito e rafforzato nell’ Enciclica Quadragesimo Anno di papa Pio XI, pubblicata nel 1931, nel quarantennale della Rerum Novarum e in un contesto storico che registrava: da una parte la crescente diffusione nei paesi anglosassoni di una concezione individualista e liberista del capitalismo, poco attenta ai doveri di solidarietà nei confronti dei più poveri e al senso della intrinseca relazionalità delle persone; dall’altra l’espansione nel continente europeo dei regimi totalitari (comunista, fascista e nazista) e della loro concezione della onnipotenza e onnipervasività dello Stato (tutto nello Stato e nulla al di fuori dello Stato). In quell’Enciclica il principio è formulato così:
”Siccome è illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le loro forze e l’industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere a una maggiore e più alta società quello che dalle minori e inferiori comunità si può fare. Ed è questo insieme un grave danno e uno sconvolgimento del retto ordine della società, perché l’oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva le membra del corpo sociale, non già distruggerle ed assorbirle. A rafforzare tale intenzione è soprattutto l’orientamento orizzontale della sussidiarietà, che prevede che siano in primis i cittadini, con la loro soggettività e creatività, singoli ed associati, a svolgere in autonomia attività di interesse generale, anche attraverso la non ingerenza (senso negativo) ma anzi il favore e il sostegno (senso positivo) di Comuni, Province, Regioni e dello Stato che viene a svolgere una funzione residuale e di garanzia. Il principio di sussidiarietà orizzontale in tale impegno può essere colto come piattaforma su cui costruire una nuova forma di cittadinanza, così definita da Gregorio Arena, una nuova organizzazione della società civile che veda protagonisti dei cittadini attivi, autonomi, responsabili, solidali, persone che non delegano e non si chiamano fuori ma si compromettono e si compassionano, prendono parte e se ne prendono cura. Il principio di sussidiarietà possiede una duplice dimensione: una che attiva lo Stato o altro destinatario, l’altra che limita questo intervento o protegge nei confronti di questo intervento. Molto spesso negli ultimi anni, anche per motivi oggettivi di ipertrofia dell’interventismo statale, è stata sottolineata solo la seconda dimensione, quella protettiva, con il risultato di far coincidere il principio di sussidiarietà con una politica liberista di privatizzazioni e di ridimensionamento dell’intervento statale. Questa concezione del principio di sussidiarietà non gli rende giustizia. Una società giusta, infatti, deve soddisfare sia la dimensione protettiva che quella promozionale.
Esiste, però, anche una terza dimensione del principio, che potremmo definire funzione di responsabilizzazione degli attori. Essa difende lo Stato e gli altri enti e soggetti che hanno il dovere della sussidiarietà da un sovraccarico di compiti. Nel principio, infatti, è contenuto un obbligo di respingere i compiti, e i relativi oneri, che singoli cittadini o comunità subordinate pretendono di scaricare sulle comunità maggiori, in particolare sullo Stato, pur essendo in grado di assolverli.
Il principio di sussidiarietà è stato recepito a livello costituzionale con la revisione dall’art. 4. della Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 recante modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione a seguito di referendum confermativo, si articola in senso verticale ed orizzontale.